Addio a Mario Dondero, fotografo che aveva risolto il rebus dell'immagine e dell'invisibilità

di Massimo Lorito 14/12/2015 CULTURA E SOCIETÀ
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Foto dalla Cineteca di Bologna

Mario Dondero, fotografo tra i più importanti del Dopoguerra, è morto a 87 anni a seguito di una lunga malattia. Dondero era nato a Milano il 6 maggio 1929, ma si sentiva genovese, per affinità, non perdeva occasione di ripeterlo.

Dondero a detta di tutti quelli che l’hanno conosciuto è stato il signore della fotografia italiana. Nella sua arte rappresentativa gli scatti non mostravano nulla dell’autore, non vi scorgeva nulla di autoreferenziale o di narcisistico, quanto è distante il tempo attuale delle foto-selfie, perché per lui la fotografia era soltanto un mestiere per conoscere gli altri, per incontrare le persone, per scontrarsi, per accarezzare, per fermare in qualche modo il flusso dell’umanità.  Signore per capacità e intuito visivo e signore per i suoi modi eleganti, sobri, gentili, si direbbe oggi con rammarico, “uomo d’altri tempi”.

Personaggio sfuggente non fu mai assunto, la sua libertà creativa l’ha difesa per oltre mezzo secolo, Dondero semplicemente andava in giro a fare foto come si può andare in giro per una passeggiata, per fare la spesa, per ammirare un paesaggio, animato solo dalla sua cortese curiosità.

Nelle sue foto il Novecento, nei suoi incontri e frequentazioni un mondo che non c’è più ma che va preservato. Tra gli amici, Luciano Bianciardi, con il quale condivideva un appartamento, tra le frequentazioni Samuel Beckett, Francis Bacon, Pier Paolo Pasolini, Sartre.

Così come andava in giro a fotografare, allo stesso modo ogni tanto, anche per bisogno di soldi, bussava alle porte dei grandi giornali degli anni che furono e presentava tutte le sue foto in bianco e nero, bellissime, profonde, espressive e ovviamente le vendeva, ma molti giurano che ce ne sono tantissime sparse che non sono mai state vendute, semplicemente perché non le ha messe in vendita.

Sebbene col passare degli anni abbia accettato mostre a lui dedicate, Mario Dondero non è mai stato parte dei circoli culturali che contavano o nei circuiti del grande pubblico e delle mostre di fotografia, il suo stile misurato, quasi epicureo, e il desiderio di non fermarsi mai, non glielo avrebbero permesso. 

Da lui giunge a chiunque voglia farsi fotografo una grande lezione teorica sull’arte fotografica e sul mestiere: farsi invisibili, sparire letteralmente dietro la macchina. Immagine e invisibilità, il rebus del fotografo che Dondero aveva risolto.

 

 


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